
EDUCARE ALL’ATTESA:
Spesso si assiste ad un’incapacità generalizzata di attendere: si deve sempre
fare, ci si deve sempre intrattenere con qualcosa, si deve sempre essere
produttivi, con effetti a lungo termine rischiosi, che vanno al di là
dell’intolleranza della noia o della possibilità di giovare dell’ozio.
Questa nuova tendenza non riguarda solo gli adulti, ma anche i bambini.
I genitori sono i primi ad attivare questo comportamento nei propri figli,
fondamentalmente per due ragioni:
1. in primis è una dimostrazione della loro presenza e attenzione “ho
cercato e trovato un passatempo adatto a mio figlio” ;
2. in seconda battuta è una forma di controllo che rassicura i più ansiosi:
“so cosa fa in mia assenza” .
Gli educatori, di conseguenza, si sentono ingaggiati a dover sollecitare a
loro volta i bambini per avere “prove” del loro operato, materiali che
testimonino l’attività durante la loro permanenza al nido o a scuola.
IL RISULTATO È CHE I BAMBINI NON SANNO PIÙ ASPETTARE anche
quando si ritrovano obbligati a doverlo fare, come in fila al supermercato, in
macchina nel traffico, in sala d’attesa dal pediatra e così via.
L’unica soluzione valida plausibile sembra essere la distrazione,
tendenzialmente con device tecnologici, quali video, canzoni, videogames
che, a differenza di quel che si pensa, non rilassano ma bensì iperstimolano
cognitivamente i bambini.
L’attesa diventa quindi fonte di ansia, di stress e frustrazione quando in realtà
nasconde mille valori che sono una risorsa preziosa per lo sviluppo
dell’identità e della personalità dell’essere umano, ancor più del bambino che
ha viva la voglia di esplorare e conoscere ciò che lo circonda.
ATTENDERE È INDISPENSABILE PER AFFINARE LA CAPACITÀ
INTROSPETTIVA E ANALITICA, PER SPERIMENTARE DIVERSE ABILITÀ:
• osservare e filtrare le situazioni che si stanno vivendo,
• cogliere i dettagli degli ambienti in cui si staziona,
• individuare differenze e peculiarità di ciascun contesto e occasione,
• concentrarsi su una cosa per volta,
• familiarizzare con la decodifica e gestione di linguaggi alternativi a
quello verbale (prossimità fisica, non verbale),
• rispettare l’altro nella sua unicità ma anche nei suoi spazi e tempi,
• comprendere i bisogni altrui, ma soprattutto i propri, guardando e
riconoscendo le proprie emozioni, desideri e necessità.
In poche parole, ATTENDERE È:
“STARE” E NON FUGGIRE,
è rimanere fermi con il corpo e la mente e guardare sé e gli altri.
MA COME SI PUÒ EDUCARE ALL’ATTESA? AL SO-STARE?
Il segreto sta nell’introdurre piccoli accorgimenti di diverso genere nella
quotidianità e nel proporli con costanza:
1. Riorganizzare gli ambienti in cui il bambino vive. Privilegiare la qualità
dei giochi alla quantità: meglio pochi giocattoli, belli, curati, riposti
secondo un criterio riconoscibile (non ammucchiati indistintamente in
scatoloni o ceste), facilmente accessibili e adatti alla fascia d’età del
bambino. Ciò aiuta il piccolo a concentrarsi su una singola attività;
2. Parlare di ciò che si è fatto durante la giornata (sia adulti che bambini),
di quello che ha attirato l’attenzione, di quello che ci ha colpito e di
quello che non è piaciuto, dando un nome anche alle sensazioni che si
sono provate;
3. Fermarsi al parco, a casa, in un negozio, per strada e guardare i
particolari che caratterizzano quell’ambiente commentando le cose più
strampalate;
4. Rispettare il turno di parola sia degli adulti che dei bambini: non
interrompersi, essere partecipi, aspettare che il discorso di uno sia finito
per poi rispondere o introdurre altri argomenti;
5. Non anticipare possibili frustrazioni del bambino: l’adulto ha il dovere di
esserci ed aiutare il bambino a fronteggiare un momento di difficoltà o
di fastidio anche in relazione all’attesa, ma non deve sostituirsi a lui;
6. Istituire regole precise per l’uso di televisione e tablet: la necessità di
avere momenti dedicati aiuta il bambino a comprendere la scansione
della giornata, a prevedere l’uso di questi dispositivi e a trovare
soluzioni alternative quando non può attingervi;
7. Coinvolgere il bambino nella programmazione della giornata per
condividere con lui i vari passaggi e ideare passatempi che siano in
grado di soddisfare sia i piccoli che gli adulti;
8. Attingere dal proprio retaggio infantile (es. carta-forbice- sasso,
indovinelli, ricerca oggetti che iniziano con una lettera specifica o che
abbiano un colore o una forma particolare) nei momenti di attesa con
un duplice scopo:
9. Abituare ad usare la fantasia e l’immaginazione,
10. Trasmettere una nostra eredità.
11. Infine, è utile ricordarsi sempre che l’adulto è il principale esempio
per un bambino e che non c’è da stupirsi di un bimbo che si
spazientisce velocemente se ha al suo fianco un genitore che guarda
assiduamente il proprio smartphone.
Sfruttiamo la possibilità di stare con i bambini per recuperare anche noi
le opportunità e la ricchezza che ci concedono l’attendere e l’aspettare.
Qualche consiglio su come comportarsi
La televisione
Potremmo dare occasione ai bambini, se desiderosi di guardare la TV, di farlo
in poche occasioni, brevi, saltuarie. Si può scegliere alcuni momenti della
settimana, facendosi aiutare da un calendario autocostruito dove la TV rientra
in alcuni momenti specifici prefissati che possano dettare le tempistiche al
bambino. Ciò aiuta il bambino nell’orientamento spaziale,
nell’autoregolazione e nell’obiettività delle regole. Il televisore, insomma, si
può accendere, ma si può anche spegnere.
La cameretta
Possiamo scegliere pochi oggetti, belli, curati, interessanti e ordinati che
consentano al bambino di vivere un ambiente stimolante ma non soffocante,
iperstimolante e caotico. I bambini possono vivere in una camera con pochi
giochi, costruendosi così spazi per la creatività, l’approfondimento e la
ricerca, avendo chiaro ciò che hanno a loro disposizione.
Il dialogo
Quando due adulti stanno parlando possono richiedere a un bambino che
vuole parlare di attendere il proprio turno per poi, una volta data la parola,
dedicargli tutta l’attenzione che merita. Ciò lo farà sentire importante, così
come, del resto, lo sono anche i suoi genitori.
I fratelli
Una sola bicicletta, una palla, una sola bambola. Non è obbligatorio
possedere tutto doppio o triplo perché si è genitori di due o tre figli. A volte
per motivi economici è inevitabile, ma lo può essere anche per motivi
educativi. Per educare alla condivisione, alla relazione, all’attesa, bisogna
trovare delle occasioni per sperimentarsi verso questa direzione.
CONCLUSIONI:
È difficile dare consigli, ogni genitore può trovare soluzioni adatte per il
proprio figlio. Tuttavia, ecco un piccolo elenco, non esaustivo, dei punti da
tenere a mente.
Primo, il bambino deve fare esperienza dell’attesa, perché è necessaria per
lo sviluppo affettivo e cognitivo. L’attesa promuove l’intelligenza e la
creatività.
Secondo, gli adulti non devono lasciare il bambino aspettare oltre un limite e
devono tornare accanto a lui dopo il tempo stabilito, in questo modo il
bambino sviluppa fiducia nel mondo.
Terzo, finché i bambini sono piccoli è necessario mostrare come si inganna
l’attesa, invitandoli a disegnare, giocare o affidando loro qualche piccolo
compito domestico divertente. Alcuni bambini producono qualcosa per
“sorprendere” la mamma quando torna. Questo operare è utile anche con i
bambini più grandi che sono disattenti e iperattivi.
Quinto, non dare il cellulare o altri strumenti tecnologici per tenere tranquillo il
bambino che aspetta. Si rischia di creare dipendenza e uno stato eccitato
innaturale. Inoltre il bambino impara ad eludere l’attesa e non la utilizza per
mettere in moto la mente.
Infine il punto più importante. I genitori non siano dei “fanatici” del “fai
qualcosa”, “non stare senza fare nulla”. La pausa senza azione è un
momento importante in cui la mente lavora in libertà e fa le sue scoperte,
pensi alla mela di Newton. Non le è mai capitato che mentre aspettava senza
fare nulla le piovesse in testa la soluzione di un problema?
Incominciamo a far amare la noia anche ai nostri figli.
Per dubbi o maggiori info ti aspetto in privato!
Arianna Cuomo - Pedagogista
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